Replay Ischia 2019

  1. Forio, sabato 20 luglio.

Non è la prima vacanza che io e Claudio facciamo da soli. Giusto 20 anni fa siamo andati a Parigi, in aereo per un viaggio di pochi giorni a Parigi, Gabriella
non poteva venire perché aveva un incarico di sostituto di medico di famiglia a
Marradi. Claudio aveva 15 anni.

Quando alle 9 mi sono presentato con il pesantissimo trolley sotto casa di Claudio, era già ad aspettarmi e insieme ci siamo avviati alla fermata del tram. Alla stazione siamo andati a prendere il caffè e il giornale alla Feltrinelli, tre
code abbastanza lunghe per caffè al bar, giornale alla cassa della libreria e
di nuovo fila al bar per prendere due bottigliette d’acqua. Sono passati così
quei venti minuti prima dell’arrivo del treno.

Trenitalia si è dimostrata efficiente nella prenotazione dei posti: io e Claudio uno di fronte all’altro, e accanto a noi una coppia d’anziani (… bisogna che mi
ricordi che sono anziano anch’io, ancora non mi entrato in mente) che per
l’appunto andavano a Ischia come noi. Viaggio tranquillo, un po’ noioso.

A Napoli siamo arrivati con qualche minuto di anticipo (anticipo, avete letto
bene), rispetto alle 12,43 previste dall’orario. E subito abbiamo trovato un
taxi, con un taxista gentile e onesto: il primo che ho trovato a Napoli. Ha
voluto 13 euro, come da “tariffa concordata con il Comune”, con tanto di
ricevuta. All’ingresso della stazione marittima siamo entrati in un localino
strano, né bar né ristorante, quasi come un autogrill con una grande vetrina di
pietanze, abbiamo scelto un primo (penne al salmone per Claudio e pasta fredda alle verdure e un arancino per me), due bottigliette d’acqua, non c’era
servizio al tavolo, spesi 11,90 euro.

Alle una e trenta eravamo già in fila per prendere il biglietto per il traghetto
delle 14,10 della Medmar. I biglietti sono costati 24,80 euro in due.

Faceva caldo, il sole a picco e velato dall’umidità. Abbiamo trovato posto all’aperto, su in cima al traghetto, riparati dal sole dalla tettoia e con un po’ di brezza a rinfrescare l’aria. Il viaggio in traghetto è meglio dell’aliscafo, che ti
costringe al chiuso come in bus ma senza finestrino per vedere il paesaggio. La
costa napoletana è sempre bella da vedere e poi ci sono i gabbiani a dare
spettacolo, con le evoluzioni ardite per prendere qualcosa dalle mani che i
passeggeri allungano, con un tocchetto di merendina sottratta ai bambini.

A Ischia Porto avevo prenotato una vecchia 600 che per 7 giorni ci costa 165 euro e con quella sia arrivati all’Hotel Terme Royal Palm. È a Cetara, una baia
piccola e affollata a tre, quattro chilometri da Forio centro. Ho preso due
camere per dare a Claudio e me quella libertà di scelta e di tempi che con una
matrimoniale non ci sarebbe stata, purtroppo le camere sono lontane l’una
dall’altra. L’albergo, oltre a una parte centrale con camere normali, per il
resto è una selva di monolocali su una ragnatela di stradine, giardini, muretti
bianchi di calce e scalinate, sul colle che domina la baia. Una volta sistemati
in camera, ci siamo avventurati per il labirinto di stradine e corridoi per
orientarci un po’, e abbiamo preso un po’ di sole in una delle tre piscine
dell’hotel.

Alle otto ci siamo avviati per una passeggiata a vedere la spiaggia di Cetara. In
effetti arrivarci è semplice e veloce… in discesa. Al ritorno è un’altra storia. Abbiamo cenato al Galeone, sulla spiaggia, con uno splendido tramonto.
Abbiamo mangiato bene: un’impepata di cozze per me e melone e prosciutto a
Claudio, per cominciare, e poi spaghetti sullo scorfano in due; una bottiglia
di vino bianco, una d’acqua minerale, un sorbetto al limone e un limoncello; il
tutto a € 89,50. Francamente troppo.

  • Forio, domenica 21 luglio.

Al mattino alle otto ho fatto la solita passeggiata mattutina, dalla collina che
domina Cetara, sono arrivato allo Scoglio degli innamorati, due enormi blocchi
di roccia bianca nel mare, che spiccano nel blu del mare. Al mare siamo andati
al bagno accanto al Galeone, 20 euro ombrellone e due lettini. Sole e bagno. A
mezzogiorno abbiamo cercato di farci fare un panino: nei bagni e ai bar ti devi
sedere al tavolo e un panino costa almeno 8 euro, quanto un primo piatto! C’è
da dire che sono panini grandi farciti con tante cose insieme. Per fortuna c’era un mini market, dove ci hanno fatto, al banco dopo un’estenuante coda, un
panino al prosciutto crudo pesato alla bilancia (€ 3,16) e io ho preso mezzo
chilo di ciliegie (€ 3,90). Alle tre ho preso la strada dell’albergo (Claudio è
restato un’altra ora al mare). Non sapevo che la navetta dell’albergo interrompe il servizio dalle 13,30 alle 16,30 e quindi mi sono avviato a piedi
nelle strade senza ombra e in salita.

Siamo stati in macchina a Forio, una passeggiata in centro per vedere il paese e poi ci siamo avviati verso Lacco Ameno. Siamo arrivati stati sulla collina da dove si domina la baia con il porticciolo. La Torre aragonese, a guardia della baia, è dentro al cimitero comunale (!), chiuso naturalmente. Abbiamo lasciato la macchina nel parcheggio sul mare, un po’ discosto da Lacco e ci siamo fatti una passeggiata lungo il porto. L’aperitivo l’abbiamo preso in un bar (Danilo) con l’affaccio proprio davanti allo scoglio a forma di fungo nel porto di Lacco.

A cena siamo stati al Delfino, sul mare, il ristorante indicatoci da una
sorridente e giovane cameriera del bar Danilo “fanno spaghetti e vongole da
favola”. Claudio ha preso un fritto di alici e totani, spaghetti e vongole io,
vino, acqua, un limoncello e un dolce al limone (40 euro).

  • Forio, lunedì 22 luglio.

Dopo colazione, alle 9, siamo andati a Forio e poi in macchina ai Giardini Ravino. Il giardino ha raggiunto la configurazione attuale dal 2001 grazie a un architetto paesaggista e anche al lavoro di restauro dei muretti a secco, parracine, portato avanti dagli ultimi parracinai dell’isola. È uno spazio
affascinante con piante grasse e cactus enormi, giganteschi, con forme incredibili e fioriture bellissime. L’avevo già visitato nel 2017, quindi questa volta mi ha fatto meno impressione, anzi ho ridimensionato l’ottima impressione che avevo avuto la volta scorsa. Ho cercato di vederlo con gli
occhi di Claudio, che mi è parso interessato e coinvolto nella visita ed ha fatto molte fotografie. Abbiamo concluso la visita con il Cocktail Cactus, nel bar caffè del giardino.

Al mare ci siamo arrivati verso l’una, sempre alla spiaggia di Cetara, ma questa volta ad un altro bagno e sempre con 20 euro per ombrellone e due lettini. Abbiamo comprato qualcosa da mangiare al solito mini market. Alle sei siamo tornati in albergo a piedi.

Per cena siamo tornati a Forio. Questa volta abbiamo scelto un ristorante nelle vie interne, lontani dal lungomare, a La Tinaia. Claudio ha preso pizza, birra e per finire il solito limoncello, io bucatini sul coniglio all’ischitana e un babà, conto finale con acqua e vino €33.

LO STENDINO RIVELATORE.

Sono andato a trovare Claudio nella sua camera: un labirinto infernale di scale, scalette corridoi all’aperto e al chiuso, numeri mal segnalati e frecce che ci sono solo quando sei quasi arrivato. Ogni camera ha un piccolo spazio aperto, che fa la funzione del balcone e in quello di Claudio ho notato anche lo stendino per far asciugare teli spiaggia, costumi e  altro. Io avevo risolto il problema stendendo il telo mare su una poltrona di vimini, delle due con tavolino che ci
sono nel “balconcino”.

  • Protesterò con la direzione, ho detto con ironia, a te lo stendino e a me niente!
  • Ce l’hai anche tu, mi ha detto Claudio, è fuori della porta, attaccato al muro, è come il mio lo devi aprire e stendere per mettere ad asciugare la roba.

Claudio era venuto una sola volta nella mia camera e ha notato una cosa che a me è sfuggita per tre giorni. Mi devo preoccupare? Comincio a perdere colpi?

  • Forio, martedì 23 luglio.

Nella passeggiata mattutina ho scoperto una frazione, qui la chiamano contrada, a quattro passi dalla mia stanza d’albergo si arriva a Contrada Cuotto, un paesino piccolo ma con edicola, farmacia, due o tre boutique e due mini market. Insomma, nel caso di un bisogno c’è un posto vicino nel quale andare. La mattina siamo stati ai Giardini La Mortella (ingresso per due € 24), un orto botanico a tutti gli effetti, un percorso che a larghi tornanti porta dalla base di una collina alla cima, si parte da laghetti e fontane con piante tropicali e acquatiche, via via a quelle mediterranee e dei paesi aridi (aloe di tutte le fatte a sfare). L’idea dei giardini si deve ad un compositore inglese William Walton, che ha investito le sue fortune in questo angolo d’Ischia.

A mezzogiorno eravamo alla spiaggia di Cetara e ci siamo approvvigionati al solito minimarket,  e siamo stati anche allo stesso Bagno Teresa, ma con un trattamento peggiore. Il giorno prima le tariffe erano 25 euro per le prime tre file e 20 per il resto; stamani 30 euro per le prime due file sul mare, 25 per le file intermedie e 20 per il resto, insomma rintanati in un angolo lontano dal mare e coperti rispetto alla brezza marina. Abbiamo sofferto il caldo e l’afa, nonostante i tre bagni in mare per rinfrescarci. Alle sei per tornare all’hotel siamo riusciti finalmente a prendere la navetta!

A cena siamo voluti andare a Casamicciola dove ci siamo infilati al ristorante Zelluso: paccheri allo scoglio per me, involtone (era molto grosso) di carne e insalata per Claudio, vino bianco della casa, un litro d’acqua: 37 euro totali. Non abbiamo lasciato la mancia perché hanno trascurato l’involtone per Claudio, servendolo dopo mezz’ora che gli avevano portato l’insalata e i paccheri per me.

Una piccola svista ci è costata 29 euro e 40 cent. Pazienza! Al volo, in macchina avevo letto che il pagamento del tiket per il parcheggio era dalle 8 alle 20, sotto c’era un’altra scritta e mi è parso di leggere 21 – 24. Forse era l’orario estivo e comunque ho sbagliato, c’era scritto 8 – 24. Morale della favola ci hanno fatto la multa € 42, scontati se paghiamo entro cinque giorni presentandoci dai Vigili Urbani, pardon dalla Polizia Municipale entro cinque giorni. Orario comodo solo per i vigili: dalle10 alle 12.

  • Forio, mercoledì 24 luglio.

Impresa! Oggi sono uscito presto dall’albergo e mi sono incamminato per contrada Cuotto. Oltrepassandola ho visto un cartello per il faro di Punta Imperatore. La strada era in leggera salita comunque, mi sono detto, quando mi stanco torno indietro. In realtà quando ti trovi in quelle strade strette, circondato da muri a secco o da fitte siepi, speri sempre che dietro la curva, là a dieci metri, la strada sia in piano e cessi la salita. Ho fatto tre chilometri in salita, ero un lago di sudore, dopo una mezz’ora di cammino ho chiesto a una donna che sfaccendava nel cortile di casa, quanto mancasse al faro : “altri dieci minuti e ci arriva”. Vedendomi sfiatato e perplesso ha continuato “è niente per quello che ha già fatto!” e mi ha fatto un sorriso d’incoraggiamento. Via, via la strada asfaltata è diventata sterrata, poi sempre più stretta e dopo l’ultima casa è diventata un viottolo. In cima al dirupo a strapiombo in mezzo a due ali li mare blu, che più blu non si può, un paesaggio mozzafiato: valeva la pena venirci. Da lì una tortuosa scaletta a pietra discende per una decina di metri fino al cancello del faro che si intravede appena, da sopra, con la sua lanterna lucente al sole. Al ritorno, invece di tre chilometri ne ho fatti cinque, perché ad un bivio ho preso una strada sbagliata. Di cartelli indicatori nemmeno l’ombra, mai!

L’escursione è durata due ore e alle 9 e mezza ho telefonato a Claudio per vedersi direttamente al salone dell’hotel per la colazione.

Siamo andati a Casamicciola a fare visita agli agenti della Polizia Municipale e pagare la multa.

A mezzogiorno eravamo già al mare, nella solita spiaggia di Cetara. Al solito mini market abbiamo preso le solite cose con la variante della frittella di pasta al posto dell’arancino, spesi i soliti otto euro e spicci. Abbiamo cambiato bagno, “La Sirena del mare” spendendo 25 euro ma con un bagnino più gentile e con il prezzo ben evidente anche da lontano.
Unico neo gli ombrelloni troppo fitti.

Per cena siamo tornati a Cetara, questa volta in macchina e abbiamo scoperto che non c’è un parcheggio pubblico (3,50 euro per un’ora e mezza). Siamo stati alla pizzeria Da Paolo, nell’ultima piazzetta, quella dove si fermano i bus e le navette, due pizze e due birre medie, con una bottiglia di vino e due limoncelli, 40 euro senza ricevuta.

  • Forio, giovedì 25 luglio.

Da domenica guida sempre Claudio in perfetto “stile Napoli”: guida veloce, sorpassi azzardati per superare veicoli o persone, vicino agli incroci attaccato alla coda dell’auto che lo precede per non far inserire gli altri… Abbiamo trovato un parcheggio privato vicino all’area pedonale del borgo prospiciente il Ponte che unisce Ischia all’isolotto dove sorge il Castello Aragonese. Siamo stati gli ultimi a poter parcheggiare l’auto lì, una fortuna pagata 4,50 euro per due ore e mezza. All’ingresso del Castello, 10 euro di biglietto a testa, una brutta sorpresa: l’ascensore era in revisione per un paio d’ore e quindi dovevamo farci a piedi tutto il Castello. Ce l’abbiamo fatta!

Ci sono chiese e chiesette, sale e salette, prigioni e conventi, scale e scalette… niente di particolare anche se tutto perfettamente tenuto, ma ogni affaccio dall’isolotto, a quell’altezza, è stupendo. L’Isola di Venarla tra Ischia e Procida, Parco marino protetto e gestito dal WWF, a portata di mano, Capri più in là che fa un continuo con la Costiera Amalfitana. Siamo arrivati stremati al Caffè del Terrazzo, in cima all’isola. “Ci dica che non c’è niente di più alto oltre questo bar” ho chiesto sfiatato alla cameriera, una brunetta carina e sorridente. La caffetteria è a 110 metri dal livello del mare. Una Coca Cola, un caffè e una bottiglietta d’acqua sono costati 10 euro, per mezz’ora di riposo all’ombra, con la brezza del mare a contrastare il caldo. Dieci euro spesi bene!

Anche il ritorno è stato faticoso con tutte quelle scale e stradette senza ombra per attenuare il sole di mezzogiorno, con qualche salita che non c’era come discesa all’andata: una cattiveria gratuita di chi ha predisposto gli itinerari. Però era tornato in funzione l’ascensore che ci ha fatto risparmiare gli ultimi cinquanta metri di dislivello.
All’uscita dell’ascensore c’era una piccola folla, dopo che sono passato ho
sentito un signore esclamare “a vedere com’era sudato quel signore (io) questo
Castello non promette nulla di buono!”.

Abbiamo deciso di mangiare qualcosa prima di prendere la macchina. Al bar “Gelateria dell’800”, abbiamo preso un’insalata caprese (pomodori, mozzarella e olive) io, un panone (non riesco a definirlo panino) con tonno e pomodori Claudio, due bottigliette d’acqua e 18 euro di conto.

A Cetara ci siamo arrivati dalla strada che passa da Barano e Serrana Fontana, sulla carta è meno lunga, però è più tortuosa, anche se c’è meno traffico e meno paesi da attraversare rispetto all’andata. Siamo arrivati quasi alle due, a questo punto abbiamo deciso di prendere il sole nella piscina dell’hotel.

Alle otto a Forio, una tranquilla passeggiata sul lungomare a guardare e fotografare il tramonto, un aperitivo al bar La Lucciola (€ 9). Quindi siamo stati al ristorante Marilù, sempre nel lungomare.
Questa volta il menu è stato di terra: tagliata alla rucola per Claudio e parmigiana per me, acqua e mezzo litro di bianco della casa, un limoncello e un
tiramisù. Ci hanno presentato un conto di 74 euro, per la prima volta mi sono
messo a controllare la ricevuta: avevano compreso una sauté di vongole e
crostini che non avevamo preso. Riconosciuto l’errore abbiamo pagato 60 euro.

CLAUDIO E I GATTI.

Quando vede un gatto Claudio non si sa frenare: lo deve carezzare, deve farselo amico. Qui fra i vialetti dell’hotel e le aiuole ce ne sono tanti a giro, lunedì l’unica che ha fatto amicizia con Claudio è stata una gattina nera. Si sono visti per due giorni, ogni volta che si passava davanti all’edificio della reception. Ieri e sparita, Claudio l’ha cercata, mattina, pomeriggio e sera per tutti i vialetti e le aiuole che la gattina nera frequentava, niente! Anche oggi niente. Quindi quando siamo tornati dalla cena si è intrattenuto con un altro gatto, quando all’improvviso è apparsa la gattina nera e Claudio con la mano sinistra gli ha fatto delle carezze, mentre con l’altra continuava ad accarezzare il gatto di prima. Una situazione insopportabile, evidentemente, per la gattina nera che si è avvicinata all’altro gatto e gli ha dato uno schiaffetto non forte ma risoluto.
L’altro senza discutere se n’è andato. E la gattina nera si è sistemata fra le gambe di Claudio a godere delle carezze tutte per sé.

  • Forio, venerdì 26 luglio.

Oggi niente passeggiata, sono andato in macchina a Forio per prendere un po’ di soldi al Bancomat. Abbiamo fatto colazione entro le 9 e ci siamo fiondati a
Cetara nel bagno Teresa, quello dei primi giorni: ha più spazio fra gli ombrelloni e i lettini sono più nuovi e comodi, questa volta ci hanno dato un
bel posto in terza fila per 25 euro, mentre le prime due file erano vuote.
Questa volta abbiamo mangiato al tavolo del bagno: due insalate, un litro
d’acqua e due caffè 30 euro! È l’ultimo giorno, ce lo possiamo permettere.

Alle quattro del pomeriggio sono andato in macchina a Ischia porto, Claudio è
rimasto a prendere il sole e fare il bagno fino alle sei. Ho preso i biglietti del traghetto (€ 27,60 in due) e parlato con il noleggiatore dell’auto per la restituzione dell’auto. Sono riuscito anche a fare la stampa del biglietto di
ritorno della Frecciarossa, che mi ero dimenticato di fare a casa.

A cena siamo stati in un buon ristorante nel corso di Fiorio, Spadara Bistrot.
Finalmente piatti diversi e accostamenti fantasiosi: filetto di dentice su caponata (io), tonno su salsa di passion fruit e friggiteli (peperoncini) e altri ortaggi (Claudio); due dolci che non mi azzardo a descrivere (molto buoni), una bottiglia di vino bianco Biancolella e acqua, al costo onesto di €61,50. Insomma abbiamo finito in bellezza.

  • Firenze, sabato 27 luglio.

Claudio mi ha stupito stamani, l’ho svegliato alle 7 e alle 7 e 15 era già in camera mia con la valigetta già pronta e con un paio di scarpe da mettere nel trolley.
Messi i bagagli in macchina, puntualissimi (7 e mezza) a fare colazione nel salone dell’hotel. Alle 8 e 20 a Ischia Porto abbiamo consegnato la macchina al
sig. Mario della Autonoleggi Del Franco, nella settimana abbiamo messo nel serbatoio 40 euro di benzina che qui costa tantissimo, quasi due euro il litro.

Il traghetto partiva alle 8,45 ed è arrivato puntuale alle 10,15 alla Calata alle
Masse, nel porto di Napoli. Puntuale anche il treno, alle 11 è partito il Frecciarossa Napoli-Torino. Noi eravamo sulla carrozza 6 ai posti 5C e 6C,
Claudio e io uno di fronte all’altro dal lato corridoio.

A Roma è salito un tizio che ha preteso di sedersi al 5C, il posto di Claudio che
si sarebbe dovuto spostare al 5D. Il posto dal lato finestrino è più scomodo perché per alzarsi occorre scomodare chi ti sta accanto, ma Claudio non ha
fatto una piega ed è andato, per gentilezza, nel sedile accanto. Il tizio di fronte a me aveva un aspetto familiare… ha tirato fuori un libro “La nazione delle piante” che conoscevo per aver visto la presentazione alla televisione con l’autore Stefano Mancuso. Aperto il libro il tizio ha cominciato ad annotarlo con una matita. Ecco chi era! Stefano Mancuso: scienziato di fama e prestigio internazionale, direttore del laboratorio di neurobiologia vegetale, al Polo Scientifico di Sesto Fiorentino. Ha scritto molti libri ed è intervistato spesso da giornali e televisioni; anche io, quando ancora non era famoso come ora, cinque anni fa, andai al Polo di Sesto con Silvia Amodio, nel suo laboratorio, per un articolo sulle sue ricerche. Pochi mesi dopo l’ho rivisto e ci ho parlato, a Empoli, al centro commerciale dove avevamo organizzato una sua conferenza.

Mi sono reso conto di chi era il tizio davanti a me, che eravamo già vicini a Firenze. A un certo punto si è alzato ed è andato poco più in là, con il borsello e il libro, lasciando le cuffie sul sedile. Ho attirato in silenzio l’attenzione di Claudio, facendogli vedere sul tablet le foto di Mancuso trovate su internet; mi ha guardato interrogativo e io ho guardato il posto accanto a lui: ha capito e ha fatto un’espressione di meraviglia. Poi avvicinandosi ancora mi ha chiesto piano, sussurrando: “come mai leggeva il suo stesso libro e lo annotava, non sapeva già quello che c’era scritto?”.

La risposta l’ho trovata proprio nel libro che stavo leggendo in treno “Il museo
della lingua italiana” di Giuseppe Antonelli, docente di storia della lingua italiana. Leggendo la lista dei numerosi libri che Antonelli ha pubblicato, com’è naturale sono tutti più o meno sullo stesso argomento, ma visto volta per volta da angolazioni diverse: “L’italiano, gli italiani”, “La lingua in cui viviamo”, “L’italiano siamo noi”, “Un italiano vero”, “Volgare eloquenza”…

Quando uno scienziato, un professore, scrive un libro affronta certi argomenti e ne trascura altri, o non li approfondisce. Ecco allora quello che stava facendo secondo me Mancuso: rileggendo il suo testo annotava le cose che non aveva scritto o approfondito e che potrebbero essere argomenti per una prossima pubblicazione: articolo, relazione o libro che sia. Oppure si preparava per un’altra intervista o presentazione del libro. Uno come lui non è mai scontato, non dice mai le stesse cose.

Non è tornato al suo posto e mi è dispiaciuto non rivederlo e salutarlo, a Firenze non è sceso, forse abita o andava da un’altra parte.

Il resto della giornata è un piatto di spaghetti all’amatriciana, che ci siamo mangiati alle due e mezza, disfare il bagaglio, fare un po’ di spesa… Un’altra
vacanza archiviata.

 

Post by Antonio Comerci

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