Calabria mia Giugno-luglio 2020 e ricordi

Prologo

Mi è capitato spesso di ascoltare amici e conoscenti che sono stati in Calabria ed erano delusi, non sono riusciti a vedere e conoscere luoghi per cui valga la pena ritornare, tranne quelle due o tre cose oggetto di turismo di massa, Tropea, Reggio e i Bronzi, forse Le Castella. Conosco il motivo di questa delusione. Oggi il turista è coccolato, vezzeggiato, incuriosito dagli enti locali e dagli operatori turistici, che gli comunicano immagini e servizi per vendere al meglio il soggiorno e magari affezionarlo per un ritorno.

Invece, la Calabria non si offre, non si fa conoscere. Nelle strade non ci sono cartelli per musei, chiese, aree archeologiche, e se ci sono, sono nascosti dagli alberi, dalle canne, dagli arbusti, e se si vedono sono rovinati, illeggibili. In Calabria un viaggiatore deve sapere da sé dove andare, se deve cercare da solo le cose belle da vedere, se chiede pochissimi saranno in grado di dargli un’indicazione utile.

Eppure, quando faccio vedere le foto dei miei viaggi, gli stessi amici rimangono meravigliati di Gerace, del Castello di Capo Spulico, di San Nicola Arcella, della Cattolica di Stilo, delle Gole del Raganello, delle bianche colline d’argilla sullo Ionio.

In Calabria bisogna sapere dove andare, scoprire da sé i paesaggi da attraversare, le cose da andare a vedere. In queste pagine ho scritto quello che ho scoperto nei miei viaggi, per far conoscere alcune cose che se non si cercano rimangono nell’ombra. Son partito dall’ultimo viaggio ma poi ho allargato il testo ai ricordi di posti che sono rimasti vividi per la loro particolarità.

 

Fine giugno 2020. Io e Claudio, mio figlio, siamo partiti per una vacanza fatta di tanti ricordi e tante buone intenzioni.

I ricordi riguardano i viaggi precedenti in Calabria. Nell’81 siamo stati io e Gabriella, in treno a San Nicola Arcella. La stazione era vicina al mare e siamo andati a piedi e con pochi bagagli al Camping “Sport del mare”, ora non c’è più, in un bungalow che era praticamente una baracca di legno, affiancata ad altre baracche. Una bella vacanza in un luogo splendido e magico, che ancora non era stato scoperto dal turismo di massa. Poi cominciarono le vacanze con Claudio e il primo posto che abbiamo voluto fargli conoscere in Calabria è stato proprio San Nicola Arcella nel 1987, aveva tre anni, e poi Briatico, nella Baia di Safò, un angolo di paradiso, con una spiaggia di sabbia bianca e dorata, per arrivare dal villaggio turistico, si passava da un uliveto centenario.

In Calabria con Claudio siamo tornati l’anno dopo a Locri e negli anni seguenti il ritorno a Briatico e quindi Sibari nel 1993. Insomma, Claudio la Calabria l’aveva vista, ma da piccolo e ricordi si sono scoloriti fino a scomparire.

Le mie intenzioni erano quelle di fargli conoscere le mie radici, alcuni posti bellissimi come San Nicola Arcella, Pizzo, Tropea, più giù Reggio e i Bronzi di Riace, la costa ionica più remota e più incompresa, i posti della mia infanzia. Inoltre, volevo stimolarlo all’osservazione e alla fotografia.

Arrivo in Calabria

Diario, martedì 30 giugno 2020)

Per fortuna sulla A2 ancora non si paga e non si chiama più Salerno-Reggio Calabria, ma Autostrada del Mediterraneo ed è stata in gran parte rifatta e per un lungo tratto anche a tre corsie, è uno dei meriti del governo Renzi che sull’adeguamento di quella che era la A3 si era giocato un po’ di credibilità. Mi dicono che alcuni tratti sono ancora da finire, però, per quella che abbiamo percorso è indubbiamente in buone condizioni rispetto al passato (foto 1).

A Lagonegro siamo usciti dall’autostrada. La strada per la costa tirrenica della Calabria è comoda perché percorre la vallata del fiume Noce, prima e poi quella della Fiumara di Castrocucco, che fa da confine fra la Basilicata e la Calabria (foto 2).

I primi scorci di Calabria sono bellissimi, da una parte maestose e brulle montagne del massiccio del Pollino, dall’altra un mare azzurrissimo e l’Isola di Dino unita alla costa da una serie di scogli. E questa è Praia a Mare (foto 3).

 

San Nicola Arcella. È la prima sosta che facciamo in Calabria, una perla del Tirreno poco conosciuta e bellissima. Ci sono venuto per nostalgia: è stata la prima vacanza da soli in Calabria con Gabriella, nel 1983 e poi, di passaggio, con Claudio che aveva meno di 4 anni. Il paese è in alto su una collina a 110 metri sul livello del mare. C’è anche una scalinata che porta alla spiaggia, nell’83 eravamo venuti in treno e quella scalinata la percorrevamo spesso a piedi. Nel borgo sono stati realizzati affreschi alle pareti delle abitazioni che rallegrano le strade, altrimenti anonime. Da vedere la torre saracena, chiamata anche “Torre Crawford” dal nome dello scrittore inglese che intorno alla fine dell’800 la comprò e l’abitò, e il “Palazzo del Principe“, villa di campagna dei principi ultimi feudatari della zona. Entrambi affacciati sul golfo.

La spiaggi di sassolini forma una baia che è quasi un porto naturale. Alle due abbiamo affrontato l’impresa: scalare il promontorio che porta all’Arcomagno e alla Grotta del Saraceno. La App del cellulare che conta i passi e le scale fatte, ha segnato 20 piani! Sessanta metri d’altezza fra gli arbusti profumati e i fiori per ammirare la spiaggia dall’alto, la Torre Saracena dall’altra parte della baia, gli scogli del promontorio e i mille colori del mare. Poi si discende per un sentiero stretto, fra due ringhiere di legno, da una parte una lingua di mare che si insinua sotto di noi, dall’altra la spiaggia vista dall’alto con accanto una grande grotta. Siamo sull’Arcomagno. Per me è un tuffo nei ricordi. Il posto è sempre bellissimo, ma è stato “addomesticato” ed è affollatissimo. Del resto, le strade ora portano quasi in ogni angolo della costa, mentre quando siamo venuti quaranta anni fa, ci si doveva conquistare a piedi ogni scoglio, grotta, sorgente di acqua buonissima e freschissima. Per noi l’Arcomagno era il passaggio per andare, verso Praia e l’Isola di Dino, nella spiaggia vicina allora splendida e solitaria, con un isolotto, alto e roccioso, che si alza sul mare a poche decine di metri (foto 4).

 

Seconda tappa Scalea. Abbiamo prenotato una stanza nel Bed & Breakfast Zama. È nascosto in strade, stradette e villette, all’interno del paese. Non è bastato GoogleMap per farci arrivare, ma una giovane e sorridente pasticcera all’angolo della via Paolo Borsellino, la strada del B&B.

Bella stanza, buoni servizi per 60 euro, più 3 di tassa di soggiorno.

Siamo andati al mare vicino alla Torre Talao e lì ho fatto il primo bagno della stagione. La Torre fu costruita nel 1500 su un isolotto, ora arenato, è stata prima un presidio militare, poi cenacolo di artisti e intellettuali (foto 5).

Scalea vecchia si vede bene da lì, ed è arrampicata su un colle che ha in cima la chiesa e i ruderi del castello Normanno (foto 6).

Ero intento a fotografare Scalea vecchia, intravista fra le palme della piazzetta che porta alla spiaggia, quando da una macchina di passaggio sul lungomare un tizio mi ha gridato “méntiti i carzuna, ricchiuni!” (mettiti i pantaloni, finocchio!). In effetti ero in costume da bagno e l’istinto è stato di rispondergli “fatti i cazzi toi, strunzu”. Ma l’episodio mi ha fatto pensare, perché non bisogna mai fermarsi alla prima reazione: in effetti, ho incontrato un cafone, ma devo stare attento a come vado in giro.

 

Alle sette e mezza siamo venuti via dal mare e siamo passati dal B&B per cambiarci. Ci siamo fidati di Google Maps, con Claudio che inseguiva sullo schermo del telefonino le “due forchette” che apparivano sull’itinerario che stavamo seguendo. Non funziona bene, siamo arrivati a un ristorante, ma era chiuso. Poi abbiamo seguito altre indicazioni, alla fine siamo tornati a bomba in un locale vicino al B&B dal quale eravamo partiti mezz’ora prima, che non avevamo notato. Si chiama Social Pub Clandestino, un omaccione buffo, ma simpatico, ha preso l’ordinazione: antipasto alla calabrese con sottoli e salumi per due, una cotoletta con prosciutto e scamorza per Claudio, arista al sugo di peperoncino per me, molto buono l’amaro alla liquirizia. Si mangia e si beve bene dal Clandestino il tutto cucinato all’istante dalla mamma del tipo buffo.

 

Scalea è un paesone che si è sviluppato negli ultimi cinquant’anni raddoppiando gli abitanti, dal nord a partire da Punta Scalea al confine con San Nicola Arcella, più a sud in cima alla collina con il centro storico, scarsamente abitato e poi lungo la pianura costiera le nuove zone d’espansione. Nel censimento del 1971 contava 4.600 abitanti, che sono diventati oltre diecimila nel 2011.

È in una zona storicamente importante, grazie al fiume Lao, la vallata ricongiunge la parte ionica calabrese con zona interna interna e la costa tirrenica. Da qui passavano i greci di Sibari per raggiungere la loro colonia Posidonia (Paestum in latino). Nel 600 a.C. fondarono la città di Laos, pochi chilometri a sud di Scalea, appena passato il ponte sul fiume Lao, nell’attuale frazione di Marcellina. I resti del parco archeologico di Laos si trovano sul colle San Bartolo, mentre i reperti rinvenuti sono conservati sia nell’Antiquarium di Scalea che al Museo Nazionale di Reggio Calabria.

 

Grotta del Romito. Lungo tutta la vallata del Lao sono state trovate tracce di insediamenti preistorici dall’età paleolitica in poi. A una ventina di chilometri dalla costa, nella Grotta del Romito c’è il graffito di un “bovide” (foto), una delle più antiche espressioni artistiche dell’umanità. È più facile raggiungere la Grotta del Romito e l’attiguo Antiquarium, dall’autostrada A2 dall’uscita Mormanno-Scalea che è pochissimi chilometri (foto 7).

Cinque giorni nella Costa degli Dei

Diario, mercoledì primo luglio 2020

La nuova tappa, con un viaggio tranquillo di tre ore, per arrivare a Contrada Trainiti, fra Vibo Marina e Tropea. L’hotel è in un posto desolato dall’incuria: erba alta ai lati delle strade, nessuna indicazione, rifiuti dappertutto. L’albergo e il villaggio turistico, invece, sono belli e perfettamente tenuti. Questa è la Calabria: tutto quello che è pubblico, è trascurato e mal tenuto, il privato invece è ben tenuto e a prezzi bassi. Abbiamo preso due stanze che sono due appartamenti, al piano terra, ingresso singolo e veranda sul retro da fare invidia a una villetta. Albergo e villaggio sono sul mare, una spiaggia di sabbia finissima, e con l’uso gratuito di ombrellone e lettini. Prezzo 60 euro ciascuno, tutto compreso, anche la colazione. Ci staremo cinque giorni, visitando la costa da Pizzo a Capo Vaticano, prima di continuare per Reggio (foto 8).

Per mangiare occorre andare alla vicina Vibo Marina, pochi chilometri ma un labirinto di strade, stradine e sensi unici, con cartelli che non ci sono, o ci sono ma si vedono all’ultimo momento, o sono coperti dalle piante. Basta sbagliare una strada e bisogna fare il giro del gioco dell’oca. C’è voluta più di un’ora per arrivare al piccolo centro, intorno all’ingresso del porto (foto). Ci siamo fermati alla rosticceria-pizzeria-trattoria Pedro (quello della canzone di Raffaella Carrà: “Pedro, Pedro, Pedro Pe / il ragazzo più bello di Santa Fe).

Ha un porto importante Vibo Marina, da qui si va in traghetto alle Eolie e per Stromboli è la rotta più breve e veloce. Ho scoperto, con un pizzico di narcisismo, che la compagnia di navigazione che collega alle Eolie è la Comerci Navigazione (foto 9). Il mio cognome, strano e poco noto in Toscana, è molto diffuso in questa zona.

 

La costa degli Dei. Così è denominato il tratto di costa che si estende da Pizzo Calabro a Nicotera, praticamente il “callo” del piede dello Stivale. A lunghe spiagge bianche, si succedono rocce frastagliate con piccole baie e calette raggiungibili solo a piedi o in barca. Viene chiamata “la costa degli Dei” perché la leggenda narra che la scelsero per la sua bellezza.

La costa permette di vedere le Isole Eolie che distano solo 32 miglia nautiche.

Partendo da nord i comuni che ricadono su questo tratto di costa sono: Pizzo Calabro, Vibo Valentia, Briatico, Zambrone, Parghelia, Tropea, Ricadi, Joppolo e Nicotera. La strada, che unisce tutti questi centri, è la SS 522. E poi c’è il treno a binario unico, che segue il contorno della costa servendo tutti i centri. A Pizzo, invece, la stazione è lontana dal centro e dalle attrazioni turistiche.

Diario, giovedì 2 luglio 2020

La mattina abbiamo preso la macchina per andare a Tropea. Anche qui non ho provato il fascino che mi ha provocato la prima volta. I colori del mare sono i soliti, meravigliosi, le strade e le case più ordinate, pulite, anche Tropea ha perso quell’aria selvatica che aveva la Calabria. Troppa gente, troppe macchine, troppe botteghe. Siamo stati anche giù al mare: l’isola di Santa Maria è ancora più “attaccata” alla terra: prima c‘era solo la strada e la spiaggia, ora c’è il parcheggio, gli alberi, piccole costruzioni… E gente, tanta gente.

Nel pomeriggio al mare, davanti all’hotel dalle cinque alle sette e mezza.

Siamo andati a mangiare a Pizzo Calabro, un bel paese anche da visitare. Abbiamo assistito a un bellissimo tramonto. E poi ci siamo infilati a La Lampara, avevo letto che aveva prezzi medio-alti, ma una persona incontrata lì davanti – che ci ha tranquillizzato nel lasciare la macchina al parcheggio a pagamento perché il comune ha sospeso i pagamenti al parchimetro – ci ha raccomandato il locale “non si paga tanto e si mangia molto bene”. Ha mentito. È un locale caro, ma abbiamo mangiato e bevuto bene: tagliata di tonno con rucola e parmigiano a scaglie Claudio, tonno impanato con pistacchi di Bronte e marmellata di cipolla di Tropea io, due tiramisù fatti da loro, un amaro alla liquerizia. Siamo tornati all’albergo, soddisfatti della cena.

 

Tropea. Il cuore della città è il borgo in alto, a strapiombo sul mare, che si sviluppa in vicoli, vicoletti e piazzette. Nel centro storico sorgono i palazzi nobiliari con settecenteschi balconi. Centro borgo storico è piazza Ercole – dedicata al fondatore leggendario della città, con il monumento al filosofo Galluppi e il Sedile dei Nobili con l’antico orologio. La vera attrazione del centro storico sono gli “affacci” sul mare. Sono cinque i principali e suggestivi: Affaccio dei Sospiri quello centrale che si arriva dalla strada principale, Largo Duomo alle spalle della Cattedrale, Largo Galluppi, Affaccio del cannone, Belvedere Rico Ripa quello più nascosto, tra due palazzi in Largo Migliarese.

E poi c’è quello che è considerato il simbolo della città, lo scoglio detto anche “isola bella”. La chiesa in cima all’isolotto, che dà carattere unico al paesaggio di Tropea, è stata costruita dai monaci Benedettini e ha subito nel corso dei secoli i terremoti che hanno flagellato questa costa calabrese. Alla chiesa con tre navate, si accede con una scalinata scavata direttamente nella roccia e realizzata nell’Ottocento. si può visitare anche un bel giardino con piante mediterranee, e un terrazzo dal quale godere il panorama, il biglietto per giardino e terrazzo costa due euro, ma vale la pena.

Diario, sabato 4 luglio 2020

Alle otto di sera, sotto la pioggia siamo partiti per Vibo Valentia. Il navigatore ci ha fatto un brutto scherzo mandandoci per stradine strette e buie. Per un lungo tratto abbiamo proceduto in un tunnel con le canne alte ai bordi della strada che si erano piegate per la pioggia verso la strada, sia da una parte che dall’altra. Al colmo della brutta situazione il navigatore ci ha indirizzati per una strada dissestata, chiusa al traffico, abbiamo dovuto fare un tratto a marcia indietro, per fortuna senza danni alla macchina. Era, secondo il navigatore, una scorciatoia rispetto alla strada normale. L’avventura non è finita, a Vibo il navigatore ci ha lasciati in un posto buio e senza insegne vicine. Abbiamo chiesto a un automobilista, sotto la pioggia, e ci ha indicato la strada sbagliata. Per fortuna dei ragazzi, dopo un centinaio di metri, ci hanno dato le indicazioni giuste. Il problema era nato dall’indirizzo dato a internet e non corretto, la Trattoria Vecchi Tempi aveva il vecchio indirizzo in Corso Umberto I al numero 1, invece si era trasferita in un vicolo a metà del lungo Corso Umberto. Abbiamo fatto tutto il percorso sotto una fitta pioggia con l’ombrello che ci riparava sommariamente.

Comunque, ne è valsa la pena. Il ristorante è accogliente e abbiamo mangiato bene. Personale gentile e veloce, nonostante che ci fosse molta gente da servire. Antipasto con assaggi di prodotti tipici calabresi, una ‘nduia saporita e piccante il giusto (mai ne avevo assaggiata così buona); Claudio ha preso il capretto in forno, con verdure grigliate, io trippa al sugo (buona!); un tartufo di Pizzo e un dolce della casa e per finire un amaro e un liquore al finocchietto fatto da loro. Conto più che onesto in rapporto alla qualità e alla quantità dei piatti.

L’avventura è finita qui, quando siamo usciti non pioveva più e siamo tornati all’albergo abbastanza tranquillamente ma senza utilizzare il navigatore.

Trainiti, domenica 5 luglio 2020 

Stamani tempo nuvoloso e ventoso, ma non freddo. Passeggiata solitaria al solito bar a due chilometri dall’hotel, colazione alle nove e mezza e poi a Pizzo a conoscere meglio il posto che abbiamo visto solo di notte. Una bella passeggiata da cima a fondo nella via principale, dalla chiesa dei frati “minimi” – proprio così, chissà come sono i “massimi” – alla piazza principale, il cuore di Pizzo dove ci sono le maggiori e più prestigiose gelaterie e il Castello di Murat, dove il cognato di Napoleone nel 1815 tentò di riconquistare il Regno delle Due Sicilie, ma finì fucilato.

Abbiamo scelto con cura la gelateria per gustare due stupendi tartufi al cioccolato nella più pura tradizione pizzese (o pizzana?). Poi siamo tornati per l’una all’hotel, dove avevamo prenotato la lasagna del giorno al bar. Non la sanno fare: salsa di pomodoro invece che ragù, un po’ di mozzarella invece che il parmigiano, per fortuna hanno messo il basilico a dare almeno un buon odore alla “cosa”.

Pomeriggio passato fra l’incertezza del tempo, a momenti sole splendente, altri di nuvole basse e grigie. Alla fine, abbiamo deciso di non andare in spiaggia, il nostro sarebbe stato l’unico ombrellone, e ci siamo fatti un giro in macchina verso Capo Vaticano. È stata un’impresa arrivare al belvedere: il solito limite di tutta la Calabria: scarsi cartelli, quelli che ci sono o sono rotti o coperti dalle piante, o si vedono all’ultimo momento. Anche il navigatore si confonde in questa situazione e spesso conduce per strade dissestate e interrotte. Comunque, la vista del mare, gli scogli, i colori delle piante in fiore, compensano la fatica di arrivarci. E laggiù… fra l’afa e “il color di lontananza” (Guccini), Stromboli si erge maestoso e solitario sul mare.

Al ritorno abbiamo deciso di andare a Vibo Valentia, nella trattoria di ieri. Chiusa e chiuso tutto il resto, è domenica! Siamo andati a Vibo Marina e fra un pub che fa solo hamburger e un ristorante di alta gamma, abbiamo deciso per quest’ultimo, crepi l’avarizia! Infatti, abbiamo speso cento euro: due secondi (filetti di pesce castagna che non conoscevo, buonissimo), due contorni, una buona bottiglia di Greco di Lamezia, due dolci, tutto molto buono e il servizio impeccabile.

Reggio di Calabria, lunedì 6 luglio 2020

Un forte temporale con lampi e tuoni vicinissimi mi ha svegliato alle quattro di notte. La mattina a Trainiti è stata nuvolosa e un po’ fredda.

Siamo partiti alle dieci per Reggio e ci siamo arrivati a mezzogiorno. Il B&B Centrale è facilmente raggiungibile, alla fine dell’autostrada a Reggio, ed è a pochi passi dal lungomare e dal centro della città. Abbiamo fatto subito una passeggiata nel lungomare, disturbati dal vento e intristiti dalle nuvole. Siamo stati a mangiare in un bar accanto alla piazza dove c’è la prefettura, la provincia, nel palazzo dove c’è la pinacoteca comunale, un bel posto ampio ed elegante. Abbiamo “assaggiato” i prezzi di Reggio: un pezzo abbondante di pizza, una parmigiana e due bottigliette di acqua a otto euro, il caffè a 90 centesimi! Insomma, il centro di Reggio è più economico della periferia di Vibo Marina! E il centro di Reggio ha palazzi sontuosi, costruiti in stile neoclassico o liberty dopo il terremoto del 1908 che rase al suolo la città e Messina.

Brutta sorpresa: il Museo Archeologico Nazionale il lunedì è chiuso! E così siamo tornati al B&B a riposarci e farci una doccia.

Nel pomeriggio passeggiata sul lungomare, la mattina avevamo fatto il lato mare, il pomeriggio abbiamo privilegiato l’orto botanico all’aperto che corre parallelo al lungomare. È molto diverso da come lo ricordavo io, quattordici anni fa, c’erano più piante e ciascuno con il suo cartello a indicare la specie vegetale e l’origine, ora la fanno da padrone giganteschi ficus, resistono le magnolie e le palme delle Canarie, resistono imperterrite alle radici invadenti dei ficus, all’inquinamento e alla salsedine e hanno ancora il cartellino, il resto è nascosto o non c’è più. Allora non c’erano le installazioni artistiche che ora fanno mostra di sé. Prima c’erano belle piattaforme in legno, con ringhiere in ferro battuto, che ospitavano i tavolini del bar e delle gelaterie. Ora sono ora sostituiti da strutture più moderne in bianco, chiusi da vetrate su tutti i lati, più fredde e anonime. Il lungomare, più in basso, ha mangiato la spiaggia ed è affollato da iniziative commerciali quali pub, pizzerie e bagni per prendere il sole. Insomma, “il più bel chilometro d’Italia” decantato da Gabriele D’Annunzio, è ora più simile a un luna park.

Claudio ha fatto molte foto, affascinato dalle piante, anche quando siamo stati alla Villa Comunale nei pressi della stazione ferroviaria centrale, che è anch’esso un giardino botanico con piante rare e affascinanti. Al ritorno ci siamo fermati sul lungomare in una delle piattaforme in mezzo alle piante del lungomare, a riposarci e prendere un aperitivo, che si è trasformato in cena abbondante. Abbiamo bevuto e mangiato con ventisei euro per tre cocktail, decine di stuzzichini, veri e propri panini, arancini, polpettine, coccoli ripieni e altro che non riesco a ricordare.

E così è finita la giornata con una lunga passeggiato verso il B&B di via Barsanti.

È la stanza peggiore che abbiamo avuto, finora, in queste vacanze, è piccola e modestamente arredata, ma è pulita e funzionale con WiFi efficiente e libero da password, aria condizionata silenziosissima, al primo piano senza ascensore, è costata 40 euro a notte e ne abbiamo prese due, una per me l’altra per Claudio. Il B&B è in un cortile (un po’ squallido) di una via angusta e alberata, a pochi passi dall’inizio del lungomare e a cinquecento metri dal Museo Nazionale.

Siderno, martedì 7 luglio 2020

Abbiamo lasciato la camera alle nove, fatto colazione compresa nel prezzo del B&B, caricato i bagagli in macchina e ci siamo avviai a piedi al Museo Archeologico Nazionale di Reggio. Una passeggiata in una bella mattina di sole.

Che delusione! Hanno sciupato anche il glorioso museo di Reggio! Prima i bronzi erano nel piano interrato insieme ai reperti ritrovati in mare, anfore per l’olio e per il vino, ancore e altri oggetti, in un’ambientazione azzurrina e intima si arrivava alla stanza con i bronzi su una piattaforma alta pochi centimetri, in pratica erano od altezza d’occhio e ci potevi girare attorno da vicino. Erano al termine di un percorso di tre piani, con i reperti trovati in tutta la Calabria meridionale, alle pareti terrecotte e frontoni di templi, planimetrie degli scavi, mi aveva fatto l’impressione di un museo ricco ed espressivo. Ora è tutto raccolto in teche al primo piano, razionali e ben illustrate, ma un po’ fredde, con reperti di Locri e delle città fondate dai locresi sulla costa tirrenica. Al piano terra i bronzi sono in uno stanzone con una vetrata ampia sull’ingresso, si vedono subito entrando al museo, la piattaforma sulla quale poggiano e di mezzo metro, quel tanto che serve per allontanarli dalla gente. Non c’è l’atmosfera e il fascino che c’era prima. Si finisce con un breve tragitto fra i reperti dell’antica Regium.

Prima di lasciare Reggio ci siamo fermati sul lungomare a scattare qualche foto: con il sole lo Stretto è folgorante, con l’azzurro più azzurro del mare e la Sicilia con il verde più verde.

Sorpresa positiva: la strada statale 106 è stata rinnovata e resa superstrada fino a Palizzi, anche la ferrovia è elettrificata e a due binari fino a Melito Porto Salvo.

Ci siamo fermati a Bianco, a mangiare al bar pasticceria nella piazzetta che porta alla marina. Abbiamo preso un aperitivo con stuzzichini annessi (buoni e caldi), due panini, acqua e birretta per Claudio (21 euro). Bianco non si riconosce più dall’ultima volta che ci sono stato nel 2003. Anche qui le nuove costruzioni hanno sostituito del tutto le vecchie case e i palazzi. Abbiamo fatto una passeggiata al vecchio casello ferroviario, dove ho abitato dal 1955 al ‘60. L’ultima volta che l’ho visto era cadente e abbandonato, solo l’orto era curato da un tizio che approfittava del pozzo per coltivarlo. Ora è una bella villetta, con le stesse dimensioni e aspetto del casello, ma sembra tutta nuova, con un bel giardino e una tettoia con le tegole che ha sostituito il pergolato di uva zibibbo di quando c’eravamo noi. Mi ha fatto piacere.

Al Grand Hotel President di Siderno siamo arrivati alle tre e con una certa difficoltà. L’hotel è grande ed era l’unica costruzione prima delle case della cittadina, ora è sommerso da altre costruzioni anche davanti al fronte strada, ci siamo passati davanti e non l’ho visto. Avevo prenotato la mattina stessa per i cinque giorni che ci rimangono di vacanza, è il più costoso che abbiamo preso finora, 90 euro a camera a notte, però ha l’accesso al mare e tutte le comodità di un grande albergo, ma anche le difficoltà… Entrati in camera mi sono accorto che il WiFi libero non funzionava. Alla reception mi hanno detto che occorre registrarsi al loro sito, ma non potevo farlo perché senza WiFi non avevo accesso a internet (alzata di spalle dell’addetto). Mi registro con il cellulare all’ingresso e quando arrivo in camera vedo che non c’è segnale. Di nuovo alla reception: “non è possibile, sarà il suo strumento che non funziona”, qui funziona – gli mostro il cellulare – è in camera che non arriva il segnale, “non è possibile, sarà un problema momentaneo…”. A questo punto cambio atteggiamento e non gli rivolgo più la parola. Salgo in camera per prendere il portatile e fare la registrazione dall’ingresso. Risalgo in camera, nel corridoio vedo un addetto dell’albergo uscire da quello che sembra un ufficio, gli domando se quella è la direzione dell’albergo, mi risponde che sono gli uffici amministrativi, “si rivolga alla reception”, è inutile – gli rispondo – non hanno voglia di risolvermi il problema, e rientro in camera. Da quel momento alla reception cambiano atteggiamento e ogni volta che passo mi danno risposta alla domanda che non gli faccio: “abbiamo chiamato il tecnico”, “il tecnico arriva domattina per risolvere il problema”.

Siamo stati al mare nel bagno gestito direttamente dall’albergo, vogliono cinque euro per mezza giornata.

A cena siamo andati a piedi in una piccola trattoria, Al Gallo d’Oro. Abbiamo mangiato un antipasto di alici marinate, tonno alla griglia per Claudio, involtini d’acciuga io, due contorni di fagiolini, due liquori, acqua e vino, 40 euro. Ambiente piccolo, nascosto in una viuzza che dal corso principale finisce davanti ai binari della ferrovia, eravamo gli unici clienti.

Siderno, mercoledì 8 luglio 2020

Giornata con poca storia. Passeggiata al mattino oltre la ferrovia, sul lato mare. Colazione in albergo, sole e mare al bagno dell’hotel. Abbiamo deciso di pranzare non con il solito panino ma di tornare al Gallo D’Oro della sera prima. Il proprietario Francesco Futia ci aveva mostrato con orgoglio la pasta fatta in casa e i ravioli di carne fatti da lui con le sue manone, c’era rimasto male quando non l’abbiamo ordinata, ma noi la sera non siamo abituati a mangiare pasta. Ora, a pranzo eravamo pronti a dargli soddisfazione. Abbiamo ordinato, io la pasta al sugo di seppia rosso (non con il nero di seppia, dal sapore forte e impegnativo per il colore), Claudio col sugo di alici, acqua e vino, 25 euro. Mentre aspettavamo Claudio mi ha fatto delle foto che sono venute bene ed ho messo su Facebook. Quando il Futia mi ha portato il piatto, gli ho domandato come chiamano qui a Siderno quel tipo di pasta che somiglia ai pici senesi, ci ha dovuto pensare un po’ e poi ha detto “maccarruna senza buscio” (pasta senza buco). Quanti ricordi… era il nomignolo che mi dava mamma da bambino, a mo’ d’insulto, quando era arrabbiata con me, per descrivermi tozzo e poco pronto… cuore di mamma! Ai miei fratelli andava peggio con i nomignoli… ma questa storia la racconterò un’altra volta.

Nel pomeriggio sono stato al mare, mentre Claudio è rimasto in albergo. Nel portare via i teli bagno dai lettini della spiaggia, mi sono accorto che gli era caduto il caffè, formando una grossa macchia marrone. È un vecchio telo di spugna che ha oltre trent’anni di storia e li dimostra tutti; quindi, è l’ora di comprarne uno nuovo. Prima di cena siamo stati in un grande centro commerciale fra Siderno e Gioiosa e ne abbiamo preso un telo mare a otto euro.

A cena siamo stati a La Vecchia Hostaria nel centro di Siderno. Ho preso una frittura di pesce, Claudio dei gamberoni arrosto, due insalate di pomodoro con cipolla e peperoncino fresco, due dolci e due amari, 50 euro di conto.

Siderno, giovedì 9 luglio 2020

Lunga passeggiata la mattina presto, fra la ferrovia e la spiaggia. Alle dieci con Claudio a Gerace. L’abbiamo percorsa da cima a fondo, dai ruderi del castello aragonese, alla Porta del sole. Ci siamo fermati alla Cattedrale, la più grande della Calabria, dicono, e per tre euro a testa abbiamo visitato il Museo Diocesano e i due piani della chiesa. Claudio ha scattato molte foto, l’hanno affascinato soprattutto i paesaggi intorno alla rupe che ospita questa affascinante città. Tenuta bene, ordinata, con piante di capperi in fiore che nascono tra le pietre dei muri antichi. Era l’una quando ci siamo fermati a mangiare un panino in un bar del corso principale (i soliti dieci euro) e poi giù per tornare all’hotel.

Nel pomeriggio siamo stati al mare, ma poi il cielo si è rannuvolato e alle sette siamo tornati in albergo. Io ho provato a raggiungere a piedi una libreria a Siderno, mi ha attirato la denominazione “MAG – Ladra di libri”, nel corso parallelo alla Statale ionica. Niente da fare: la libreria non c’è più e non ha lasciato traccia di sé. Ho provato a raggiungerne un’altra indicata da Google sulla statale: non esiste nemmeno quella.

Trafelato sono tornato all’hotel, erano le otto passate e Claudio mi aspettava per andare a cenare. Abbiamo deciso di cenare a Locri, abbiamo cercato con Google Map La Tavernetta, sul corso principale, all’angolo di un vicolo, ma né i cellulari né il navigatore della Giulietta hanno saputo individuare il luogo. Alla fine, siamo entrati in una trattoria sul corso, A Paisana, e ci è andata bene. Il locale ha aperto da poco e noi eravamo gli unici clienti. Le due persone che la gestiscono, una coppia di 40, 50 anni, ci hanno raccontato la loro vita e la loro avventura a Locri. Lei Elvira Colella, gestiva un locale in un paesino di montagna e ora prova qui sul mare. Abbiamo mangiato degli antipasti con i soliti salumi e formaggi della zona (buoni) e della caponata e peperonata fatta da Elvira (buone) e olive spaccate e marinate (buonissime), poi siamo passati ai secondi con dell’agnello e del maiale alla brace, con insalata di pomodori, abbiamo provato anche un assaggio di porchetta, anche questo fatto da loro. 35 euro il conto e un’ora di chiacchiere, quasi tra amici.

Calabria contro Google

Tre a zero: questo il punteggio della giornata nella partita Calabria – Google, tre indicazioni sbagliate e nei giorni precedenti non era andata meglio per il servizio internet migliore al mondo, con riprese fotografiche e banche dati accurate, frutto di un decennio di lavoro e ricerca. A Capo Vaticano il navigatore ci ha indicato strade a senso unico da prendere nel senso sbagliato, o addirittura a Vibo Valentia una strada dissestata e chiusa al traffico. Insomma, affidarsi a Google in Calabria spesso non è la soluzione migliore. Perché? Perché in Calabria nessuno si preoccupa delle piccole cose del bene comune: le indicazioni stradali, la manutenzione dei segnali, le variazioni da comunicare alle banche dati. Ma anche le insegne dei privati non sono evidenti e curati: il Gran Hotel Predident ha sulla statale un grande cartello orizzontale, all’altezza giusta, di un metro per due con la scritta in grande su fondo bianco… ma talmente sbiadita che non si legge più. Ci siamo passati due volte prima di capire qual era l’ingresso all’hotel. Una trattoria famosa in una piazza centrale, la cercavamo, ci siamo passati davanti e non ci siamo accorti che c’era: luci spente e la grande insegna coperta dalle fronde degli alberi. E così, se si vuole arrivare da qualche parte o cercare un servizio, occorre chiedere al primo che passa, sperando che sia la persona giusta.

Siderno, venerdì 10 luglio 2020

Giorno di sole e lunga passeggiata mattutina, per il sentiero in terra battuta fra la ferrovia e il mare. Sono arrivato alla stazione ferroviaria, che dall’hotel dista un paio di chilometri e ho comprato anche il giornale all’edicola, notata per caso (non espongono le “civette” dei quotidiani). E poi siamo andati sulla spiaggia. Alle 12 ho lasciato Claudio sotto l’ombrellone e sono andato in macchina a Locri a cercare la più grande e famosa libreria della zona, indicazioni trovate su Google e confermate da un gentile addetto alla reception dell’hotel President. Anche la Libreria Pedullà, nel corso principale, ha cessato le attività… È una strage, tre librerie chiuse in pochi chilometri.

Anche oggi abbiamo deciso di mangiare un piatto di pasta al Gallo d’Oro. Soliti 25 euro e due informazioni preziose: c’è una libreria scolastica, proprio vicino alla trattoria, e un’altra al grande centro commerciale dove abbiamo comprato il telo mare. In quest’ultimo ci sono andato all’apertura alle quattro e ho comprato due libri. Uno è “Antica madre”, l’ultimo libro di Valerio Massimo Manfredi, lo scrittore-archeologo che apprezzo molto che non avevo ancora notato nelle grandi librerie di Firenze, eppure è uscito nel novembre 2019; l’altro è di Saverio Strati, lo scrittore che è nato nel mio paese ha avuto un buon successo proprio con il libro comprato stasera “La teda” del 1957 e poi, negli ultimi trent’anni  è stato dimenticato ed è morto povero e solitario a Scandicci nel 2014 (che tristezza!). Questo libro non lo vedremo mai nelle librerie di Firenze.

Altre due ore al mare a prendere un po’ di sole e alle sette e mezza siamo andati a Roccella Ionica a visitare il Castello dal quale si gode una splendida vista sul paese e sulla costa. Quando ci sono stato l’ultima volta, nel 2003, era un rudere in completa rovina e fra i muri diroccati c’era un ovile per capre, che con le loro cacche avevano caratterizzato la famosa rocca di Roccella. Ora è stato restaurato in parte e reso agibile per la visita. Nella chiesa c’è una bella e ampia sala conferenze, in tre piani del castello-palazzo Carafa è stato ricavato un percorso per mostre. Ora ce n’è una con le macchine disegnate da Leonardo da Vinci. Il biglietto d’ingresso è salato (otto euro a testa) che abbiamo pagato – ed è valsa la pena – soprattutto per gli affacci sulla costa e per i panorami splendidi nella luce del tramonto. A gestire il luogo, tre ragazzi sui vent’anni, bravi e gentili. Francesco mi ha guidato al restauro della chiesa e mi ha dato informazioni interessanti sulla storia del castello e dei Carafa. Ci ha indicato anche una trattoria, lì vicino alla rocca, prenotandoci anche due posti. Abbiamo mangiato bene: antipasto calabrese con ottimi salumi e formaggi, pesce spada ai ferri per Claudio e filetti di “pesce cipolla” in guazzetto per me (ottimi), un litro di vino bianco, acqua, dolce e un amaro. Conto 30 euro grazie alla “raccomandazione” di Francesco.

Siderno, sabato 11 luglio 2020

Anche oggi lunga passeggiata mattutina e dopo la colazione siamo montati in macchina per andare verso Stilo. Siamo arrivati che era già mezzogiorno, ad un bar ci hanno detto che La Cattolica era aperta al pubblico solo la mattina fino alle due. Quindi ci siamo avviati per non perdere l’occasione di visitarla e abbiamo scoperto che era vero il contrario di quanto ci avevano detto: le visite cominciavano alle due e il biglietto si compra solo su internet. Ho lasciato l’incombenza della prenotazione e del pagamento a Claudio che se l’è cavata in pochi minuti. In attesa dell’apertura, siamo tornati nel paese, che dista un chilometro, per andare a mangiare. Abbiamo individuato una pizzeria-trattoria-rosticceria che aveva i tavoli sotto un bel pergolato, che faceva al caso nostro e ci è venuta la voglia di pizza… Ma la pizza di giorno non la fanno e allora abbiamo scelto di mangiare un primo: orecchiette ai funghi e prosciutto per Claudio e maccarruni al sugo di melanzana ripiena per me. I piatti si sono fatti attendere una mezzoretta e per farsi perdonare la signora ci ha portato della focaccia calda e poi, finalmente, sono arrivati i piatti, abbondanti e veramente buoni, nel mio c’era anche una piccola melanzana ripiena. Abbiamo speso venti euro, con un finocchietto digestivo fatto da loro, veramente buono.

La Cattolica è stata completamente ristrutturata e ci sono anche i resti di affreschi, è un monumento unico e particolare, l’unico esempio di architettura bizantina rimasto intatto in Calabria, una piccola costruzione quadrata di sette metri per sette, con quattro cupole ai lati e una più grande al centro.

Siamo tornati a Siderno per le quattro e alle cinque siamo andati al mare a prendere il penultimo sole di Calabria di questo viaggio. Alle sette, ce n’eravamo scordati, lì al bagno è cominciato il concerto di musica classica in riva al mare. Belli i pezzi che hanno suonato, soprattutto l’ensemble d’archi, con composizioni di Vivaldi, Bach, Mozart e Bizet.

A cena siamo stati alla Vecchia Hostaria a Siderno. Un antipasto di mare abbondante, filetti di branzino con funghi e patate per me, pesce spada con verdure grigliate per Claudio, vino, acqua e amari, i soliti 50 euro di conto.

Siderno, domenica 12 luglio 2020

Domenica di solo sole e mare, è l’ultimo giorno di vacanza e l’abbiamo preso con calma, il riposo prima del grande balzo di domani. Durante la passeggiata, mattutina ho preso con molta delicatezza una piccola pianta di agave, spero di riuscire a farla vivere in un vaso a Firenze. L’ho presa proprio davanti a quello che era il casello dove sono nato e che finalmente, dopo sei giorni, sono riuscito a individuare grazie alle indicazioni di un anziano del posto. È stato completamente rifatto ed è ancora in ricostruzione, non ha niente del vecchio casello, solo la dimensione e la distanza dalla ferrovia. Il casello di Bianco, invece, ha avuto un’evoluzione veramente positiva.

Lettura sotto l’ombrellone e poi siamo stati in rosticceria per il pranzo, un piccolissimo locale, all’angolo della statale e il primo passaggio a livello che porta al lungomare di Siderno, verso Locri, un panino, un supplì “alla chitarra” e una porzione di parmigiana, due birrette, 12 euro.

Pomeriggio al mare e, alle sette, concerto nella sala dell’hotel.

A cena siamo andati nel lungomare di Locri, affollato di gente per lo “struscio” domenicale. Ci diamo fatti una pizza e una birra, in un locale sul lungomare (35 euro) e poi a nanna, ché domani dobbiamo svegliarci e partire presto.

Firenze, lunedì 13 luglio 2020

Giornata senza storia. Siamo riusciti a partire, dopo aver fatto colazione, alle otto e mezza. Grazie alla superstrada Gioiosa Ionica – Rosarno (Piana di Gioia Tauro), in quaranta minuti eravamo già a Vibo Valentia. Siamo riusciti a fermarci solo quattro volte e per brevissime soste e alle sette eravamo già a casa, dopo 1100 chilometri. Abbiamo guidato a metà io e Claudio. Ho fatto a memoria un rapido conto del costo del viaggio di andata e ritorno in macchina: 80 euro di autostrada e 180 euro di benzina. In fondo vale la pena, con un biglietto d’aereo o treno per due andata e ritorno, più una macchina a nolo per 12 giorni, avremmo speso molto di più.

Una vacanza bella e comoda, 14 giorni sono sufficienti per godersi il mare e il sole e fare nuove conoscenze, anche se di nuovo io ho visto Caserta e visitato meglio i paesi della parte tirrenica, ma è servita a Claudio che quel poco di Calabria l’aveva visto quando era piccolo.

Post by Antonio Comerci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *